Un’intuizione, un’idea, all’inizio una follia incomprensibile e impraticabile, con benevolenza, un’utopia, per un’isola che, già in tempi remoti, vedeva i suoi abitanti descritti come pocos, locos y mal unidos. Ma quel giudizio afferiva a una storia declinata al maschile, l’intuizione, l’idea, l’utopia della Cooperativa Allevatrice Sarde è stata, invece, una storia tutta al femminile. Storia di donne che, a dispetto di una consuetudine paralizzata e paralizzante, si sono mosse in direzione “ostinata e contraria”, caparbie e testarde, volitive e consapevoli. L’intuizione s’è fatta idea e l’idea da utopia è divenuta parola, ripetuta una, due, tre, infinite volte, di bocca in bocca, in una coralità trasformatasi, infine, in azione. Un’azione evocata dal brusio cantilenante e babelico delle protagoniste rese testimoni da Antonello Carboni, una storia difficile da raccontare ma resa intelligibile dalla sapiente orchestrazione di Salvatore Corona, un’impossibilità evocata da Aldo Tanchis col ritmo ossessivo e martellante del brano The flight of the bumble di Nikolaj Rimskij-Korsakov, per un volo che sfida le leggi della fisica e restituisce, come in un alveare, la frenesia produttiva delle donne-operaie.
E l’arte? Può l’arte raccontare questa epopea al femminile senza scadere nella cronaca o, ancor peggio, nella più vieta retorica celebrativa?
Sì, l’arte può e deve, ma solo se sa distaccarsene e, con sguardo ironico e obliquo, evocarne, magari dissacrandoli, i meccanismi generativi e la propulsione plurale. Gianluca Vassallo con quella trasversalità peculiare del contemporaneo, ha assolto tale compito attraverso un’opera al contempo performativa, installativa e dal forte impatto visivo, mettendo in gioco se stesso e, soprattutto, coinvolgendo molte delle donne che hanno dato vita alla C.A.S., assieme ad alcune, più giovani, che hanno proseguito sulla pionieristica strada del cooperativismo isolano.
A tutte è stato chiesto di rinunciare, in senso letterale, a una parte fondamentale della propria soggettività (la bocca) per prestarla a un’altra soggettività che di suo metteva occhi e naso. Una rigidissima catena, coercitiva nella prassi quanto casuale nel risultato. Una vera e propria trasmigrazione identitaria, un processo ibridativo in linea con le più spericolate ricerche estetiche degli ultimi decenni. Tuttavia questo atto di ridefinizione facciale non si è avvalso dei processi cruenti e manipolativi praticati da diversi artisti sul proprio o sull’altrui corpo e ha ridotto al minimo interventi altrettanto diffusi di fotoritocco. Gianluca Vassallo ha creato, palesandone il meccanismo, un’esperienza ludica condivisa e partecipata, esaltando la dimensione collettiva di una vicenda che, prima che economica, è stata, ed è ancora, sociale e umana: storie individuali che dalla smorfia di una bocca si sono trasferite su un sopracciglio inarcato, da una ruga sulla fronte alla scanzonata linguaccia di una bambina ottuagenaria.
Un puzzle di identità che da singole sono diventate plurime, un monumento visivo e sonoro irriverente e affettuoso verso coloro che non ci sono più e per le tante che, mancai barrosas, proseguono su questa impervia strada.
Ivo Serafino Fenu

CREDITS
Progetto e direzione artistica: Salvatore Corona
Testo critico: Ivo Serafino Fenu
Foto: Gianluca Vassallo
Video: Aldo Tanchis
Interviste video: Antonello Carboni